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venerdì 9 agosto 2013

Alla Commissione Affari Esteri l’audizione del vice ministro Marta Dassù sulla riorganizzazione della rete diplomatico-consolare

SENATO DELLA REPUBBLICA
Alla Commissione Affari Esteri l’audizione del vice ministro Marta Dassù sulla riorganizzazione della rete diplomatico-consolare

Obblighi di legge, motivazioni geopolitiche ed economiche alla base del riorientamento. Le chiusure annunciate verranno presentate nel dettaglio dopo la pausa estiva, ma è sospesa quella di Capodistria. Intervengono nel dibattito anche gli eletti all’estero Claudio Micheloni (Pd – ripartizione Europa), Claudio Zin (Maie – ripartizione America meridionale) e Francesco Giacobbe (Pd – ripartizione Africa, Asia, Oceania e Antartide)

ROMA – “Una rete diplomatica per il mondo di oggi e non per l’Italia di ieri”: questo l’obiettivo alla base della riorganizzazione della rete diplomatico-consolare richiamato ieri dal vice ministro agli Esteri Marta Dassù nell’audizione alla Commissione Affari Esteri del Senato programmata sull’argomento alla vigilia della paura estiva dei lavori parlamentari. Un confronto sollecitato la scorsa settimana in primis dai Comitati che si occupano delle questioni che interessano più da vicino i connazionali all’estero di Camera e Senato in seguito all’annuncio di chiusura di 13 sedi consolari dislocate per lo più in Europa, ma non solo (le strutture coinvolte dovrebbero essere quelle di Sion, Neuchâtel, Wettingen, Tolosa, Alessandria, Scutari, Spalato, Mons, Timisoara, Amsterdam, Adelaide, Brisbane e Newark). Il tema però “non suscita solo l’interesse degli eletti all’estero, ma riguarda la nostra presenza sul piano internazionale e quindi tutti noi – ha rilevato il vice presidente della Commissione Esteri di Palazzo Madama, Paolo Corsini, segnalando in apertura l’impossibilità da parte della Commissione Esteri della Camera dei Deputati di partecipare alla seduta, come inizialmente previsto, per l’anticipazione dei lavori pomeridiani dell’Aula. “La questione della riorganizzazione della nostra rete estera è immediatamente connessa al tema della diplomazia per la crescita richiamato tra le linee strategiche del suo ministero da Emma Bonino – ha affermato Corsini – e a quello più generale della nostra rappresentanza e riconoscibilità sul piano internazionale”. “Si tratta di una materia che va rapportata alle cogenti necessità della spendig review – ricorda, evidenziando la necessità di esplicitare i criteri che sottendono il processo di razionalizzazione e auspicando un ulteriore confronto sulla materia “sia per rispetto verso i colleghi eletti all’estero che per la sua importanza”.

Il vice ministro Dassù ha aperto il suo intervento con una “semplice constatazione”: “la riorganizzazione della rete diplomatico-consolare non è un’opzione ma una necessità dovuta a motivazioni geopolitiche ed economiche – ha affermato, richiamando l’esigenza di “dotarci di una rete più coerente all’evoluzione del quadro internazionale” e di rispondere ad “obblighi di legge” che richiedono - già dal 2007 - l’avvio di questa riorganizzazione, attuando anche, così come deciso dal decreto del 2012, le misure della spending review, visti i sempre più stringenti vincoli di bilancio. “La rete italiana è ancora oggi una delle più estese al mondo con 319 sedi estere che comprendono rappresentanze permanenti, uffici consolari e istituti di cultura – ricorda il vice ministro, ribadendo però come l’obiettivo della riorganizzazione non sia “sacrificare uno degli strumenti essenziali di proiezione internazionale dell’Italia né i servizi resi alle nostre collettività all’estero”, tenendo conto del fatto che l’Italia vive in gran parte proprio rivolta verso il mondo: per la nutrita e diffusa presenza di connazionali, per l’approvvigionamento di materie prime, per la necessità di puntare sui nuovi mercati riavviando così il processo di crescita economica nazionale.

I mutamenti del contesto internazionale impongono dunque nuove priorità di azione alla politica estera italiana, priorità che il Mae sta attualmente “ridefinendo in modo sistematico, riprendendo un lavoro che da tempo non è stato fatto – rileva Dassù, precisando come il risultato di questo lavoro, che verrà presentato al Parlamento, imponga un nuovo “riequilibrio geografico” della rete. Un riequilibrio che deve essere trovato però “a risorse costanti”, per cui “le nuove aperture di sedi su mercati emergenti sono possibili solo con la chiusura contestuale di altre sedi da identificare tra quelle i cui costi non corrispondono più alla tutela di priorità di interessi italiani”.

Il vice ministro inquadra dunque la questione prima in termini più generali, ricordando come “alla politica estera riserviamo risorse in assoluto insufficienti per il contesto politico in cui ci troviamo ad operare” – parla a questo proposito di un “Paese molto esposto ad un arco di crisi e instabilità da sud”, ossia del contesto Mediterraneo che richiede un potenziamento di tutti gli strumenti di azione, di priorità economiche globali, che includono anche i Paesi emergenti, e di priorità culturali, legate alla promozione di lingua e cultura italiana e delle collettività residenti all’estero. Il bilancio del Mae nel 2013 corrisponde infatti allo 0,24% dell’intero bilancio dello Stato, mentre in Francia, secondo i dati forniti nel corso dell’audizione, è dell’1,78%, in Germania dell’1,15%, in Spagna dello 0,37%. Tuttavia, aggiunge Dassù, “la situazione non cambierà, almeno non nel breve e medio termine e dunque dobbiamo concentrare le risorse su quelle che consideriamo le priorità della politica estera italiana”. Il decreto di spending review ha inoltre associato ai vincoli di spesa anche un taglio degli organici: “nei mesi scorsi – afferma il vice ministro – è stata già attuata una riduzione del 20% del personale diplomatico e dirigenziale e del 10% del restante personale di ruolo appartenente alle aree funzionali, mentre invariato è il numero del personale a contratto”. “Stiamo gestendo la rete e l’amministrazione centrale – rileva - con oltre 1000 unità di personale in meno rispetto al 2004”. Anche in questo caso, il confronto con altri Paesi richiamato dal vice ministro è significativo: “pur avendo una rete estera che ci vede al quarto posto al mondo in termini di estensione, siamo invece all’ottavo posto per il numero di personale deputato a farla funzionare”. “Il personale della Farnesina è la metà di quello impiegato per lo stesso scopo in Francia, Germania e Regno Unito, Paesi le cui reti estere come estensione risultano paragonabili alla nostra. I nostri funzionari diplomatici – aggiunge Dassù - sono un terzo di quelli della Francia e un quarto di quelli della Gran Bretagna”. Pur con queste differenze, si tratta di Paesi che stanno allo stesso modo ricalibrando la loro presenza all’estero.

I tagli “lineari”, così come hanno investito il Mae in termini di personale, impongono un riassetto della rete, che il vice ministro Dassù preferisce chiamare “riorientamento”, in linea con quanto proposto dallo stesso ministro Bonino, a proposito dall’applicazione della spendig review alla Farnesina. Le chiusure annunciate fanno parte di questo piano di riorganizzazione, che “dal 2011 in poi non ha conosciuto progressi”, piano rivisto alla luce anche di quanto emerso dalla commissione costituita proprio per la spending review, composta – fa notare il vice ministro – da “esponenti essenzialmente esterni al ministero stesso”. Tra le conclusioni della relazione elaborata dalla commissione, vengono richiamate dalla Dassù in particolare la necessità di un aggiornamento della struttura del Mae in vista di un miglioramento dell’efficienza e della capacità di rispondere ai servizi dell’utenza e la netta crescita di servizi che si registra nelle aree di forte espansione economica a fronte di una costante diminuzione in aree di nostra storica presenza, come l’Unione Europea, dove le collettività possono giovarsi dell’integrazione dei servizi tra i Paesi membri.

A fronte di queste conclusioni, il vice ministro rileva come risulti “incoerente” la distribuzione geografica delle nostre sedi “perché troppo concentrata in Europa e poco nei mercati emergenti cui è legata la ripresa della nostra economia”, con una presenza che appare dunque “modellata su un impianto di mezzo secolo fa”: “delle 127 ambasciate all’estero 44 sono in Europa, 23 in Asia, 23 nelle Americhe, 21 in Africa e 18 nel Mediterraneo; una concentrazione, quella europea, che cresce ancora se consideriamo la presenza di uffici consolari”.

“Il piano di riorganizzazione è pronto nella sue grandi linee, sia per quanto riguarda le aperture di nuove sedi che le chiusure – annuncia il vice ministro, che si riserva però di scendere nel dettaglio alla ripresa dei lavori del Parlamento dopo la pausa estiva, “perché allora sarò in grado di dirvi sede per sede quali strumenti sostitutivi adotteremo per garantire i servizi alle collettività italiane residenti all’estero”. In questa fase vengono confermate le 13 chiusure e 3 aperture proposte - Ashgabat (Turkmenistan), Ho Chi Minh City (Vietnam) e Chongquing (Cina), – mentre si sta lavorando per il mantenimento della sede consolare di Capodistria, per “il valore storico-simbolico di questo consolato”, previsto dal memorandum di Londra del 1954. “Un ripensamento – precisa Dassù – che non esclude interventi futuri”. Affermata anche l’intenzione di coinvolgere progressivamente nel riorientamento anche ambasciate e istituti di cultura: il vice ministro parla in particolare della “possibilità di snellire una serie di ambasciate in grandi capitali europee”, contando anche sul lavoro sinergico da stabilirsi con il Servizio europeo di azione esterna. Ricorda inoltre come “non sia la prima volta che ci troviamo a chiudere sedi all’estero”, richiamando le 24 chiusure effettuate dal 2007 al 2011. “In questi casi vi sono stati disagi iniziali - conferma la Dassù, - ma quando le scelte sono metabolizzate e vengono approntati strumenti sostitutivi, dopo una prima fase di adattamento le situazioni si normalizzano”. Il vice ministro ribadisce inoltre l’impegno del Mae, laddove siano previste chiusure, “a minimizzare i disagi per il personale, garantire i servizi alle collettività e mantenere i rapporti con le autorità locali”.

“Verrà disposto il rafforzamento del personale delle ambasciate e dei consolati che riceveranno le competenze degli uffici in chiusura e verrà garantita la possibilità di reimpiego per il personale a contratto locale, mentre quello di ruolo continuerà l’alternanza di sevizio prestato a Roma e all’estero. Per i servizi alle nostre collettività – aggiunge - programmiamo l’attivazione in loco di agili strutture sostitutive, quali sportelli consolari, consolari onorari, missioni periodiche, che andranno modulate di caso in caso a seconda della composizione delle collettività, del grado di integrazione raggiunto e della distanza dalla sede consolare. Potenzieremo inoltre le tecnologie informatiche per consentire la fruizione a distanza dei servizi con modalità online”.

Dassù ritiene quindi che l’indagine conoscitiva sulla riorganizzazione della rete diplomatico-consolare delle Commissioni Affari Esteri potrà essere molto utile a tali scopi e invita i parlamentari a formulare suggerimenti su “strumenti compensativi” utili ad assicurare i servizi alle collettività. La disponibilità del governo è quindi incentrata su tali modalità, mentre la necessità di una riorganizzazione non è posta in discussione. “Lo status quo non garantisce nessuno e il cambiamento è una tappa obbligata. Tappa obbligata – conclude Dassù - per una Farnesina orientata a sostegno del sistema Paese nelle sue componenti più dinamiche, pur senza trascurare la tutela di esigenze più tradizionali”.

Nel corso del dibattito è intervenuto Claudio Micheloni, senatore eletto per il Pd nella ripartizione Europa, che pur mostrando di condividere i principi di riorganizzazione esposti dalla Dassù, ha rilevato come le proposte di chiusura annunciate non risultino in linea con tali finalità. Per Micheloni non si tratta di “difese di posizione” ma di una nuova impostazione richiesta all’amministrazione anche nelle passate legislature, impostazione orientata a garantire strutture utili a rispondere alle richieste delle collettività, sacrificando piuttosto la presenza di personale diplomatico, costose strutture di rappresentanza e riducendo le indennità di servizio. L’esponente democratico ribadisce poi come non vadano sottovalutate le necessità dell’emigrazione più tradizionale e annuncia, alla ripresa dei lavori parlamentari, la presentazione in Aula di due proposte di legge sulla riforma del Mae e sull’oggetto dell’indagine conoscitiva delle Commissioni Esteri di Camera e Senato soprarichiamata dalla stessa Dassù. Paolo Romani (Pdl) chiede ulteriori dettagli sul piano di riorganizzazione che includano anche gli aggiornamenti sulla nuova agenzia Ice e l’eventuale presenza di suoi uffici esteri, mentre Maria Mussini (M5S) stigmatizza l’eccessiva riduzione di risorse destinate a cultura e scuole italiane all’estero, riduzione che non corrisponde alle dichiarazioni di intenti espresse più volte dagli esponenti del Mae. Richiama infine la necessità che il governo si confronti con il Parlamento e con il Comitato per le questioni degli italiani all’estero sui temi di interesse per le collettività.

Il senatore eletto nella ripartizione America meridionale, Claudio Zin (Maie), chiede maggiore chiarezza su funzioni e servizi resi sul territorio dalle diverse strutture consolari, un più deciso intervento per risolvere anche piccole problematiche che possono però agevolare i servizi alle collettività e leggi più rispondenti a quella che è la realtà delle strutture italiane all’estero. Eletto per il Pd nella ripartizione Africa, Asia, Oceania e Antartide, Francesco Giacobbe chiede una maggiore cautela e più confronto in vista dell’adozione di provvedimenti di chiusura delle sedi consolari. “Sino ad oggi abbiamo solo sentito una parte della storia, quella che riguarda la chiusura delle sedi, e non la parte relativa a quali servizi alternativi si pensa di poter garantire ai connazionali – afferma Giacobbe, ricordando come non vi sia tra i connazionali solo richiesta di assistenza, ma anche potenzialità ed esperienze da mettere a disposizione dell’Italia per l’ingresso in alcuni mercati importanti e in crescita nel contesto globale. Sottolinea quanto sia indispensabile l’applicazione della spending review in un ministero come il Mae, in cui i tagli lineari hanno sino ad oggi inciso in primis sulle spese rimodulabili come la cooperazione allo sviluppo e la cultura, Giorgio Tonini (Pd), che si augura una riorganizzazione “incisiva, coraggiosa e determinata della presenza italiana all’estero”, riorganizzazione che non trasmetta l’idea di “una ritirata e di un abbandono delle collettività e più in generale dei Paesi in cui prima si era presenti, ma una fase preliminare e necessaria ad un autentico rilancio”. Francesco Russo (Pd) sottolinea come l’impegno per una rinnovata presenta sullo scenario mondiale sia testimonianza di un ruolo “non marginalizzato” del nostro Paese e ringrazia il vice ministro per il ripensamento sulla chiusura del consolato a Capodistria, luogo in cui la collettività ha vissuto “negli ultimi anni realtà e vicende molto impegnative”. Invita inoltre il governo a “potenziare strumenti leggeri per garantire comunque la nostra presenza all’estero”. Ulteriori dettagli sulle attività della rete estera e sull’informatizzazione dei servizi consolari vengono richiesti invece da Guido Cociancich (Pd) e Luis Alberto Orellana (M5S) che sottolinea come un maggior impegno nei Paesi emergenti non debba andare a scapito dei servizi tradizionalmente resi alle collettività. Infine, Antonio Razzi (Pdl) evidenzia come la riorganizzazione debba procedere soprattutto in Europa e con la progressiva adozione di strumenti informatici, mentre Pippo Pagano (Pdl) ribadisce il ruolo del Comitato per le questioni sugli italiani all’estero quale interlocutore del governo.

In sede di replica Marta Dassù ribadisce come non si voglia “abbandonare le collettività italiane all’estero”, garantendo servizi sostitutivi che verranno illustrati quanto prima. La chiusura di “un certo numero di sedi” non è però messa in discussione, “ma vogliamo fare il possibile per risolvere i problemi che si porranno alle nostre collettività”. Evidenzia inoltre come tale riorganizzazione non possa che determinarsi in un arco di tempo duraturo e come un work in progress che richiede continui aggiustamenti: “continueremo – dice - a modulare la rete in un contesto internazionale che cambia e quindi un certo grado di flessibilità è indispensabile”. “Non possiamo discutere ogni singola chiusura e apertura ma dobbiamo metterci d’accordo sui principi – ribadisce, chiedendo fiducia nelle decisioni operative che verranno prese, perché “non credo sia possibile una gestione assembleare di questo processo”.

“Le riorganizzazioni non sono mai semplici e ci sono resistenze di ogni genere, ma io credo che con un migliore spirito di comprensione da parte nostra e il vostro contributo potremo fare bene e raggiungere il migliore riequilibrio possibile. Sarà un processo doloroso e difficile, ma anche molto utile, utile per il Paese e per tutti gli italiani, e lo faremo meglio se ci sarà cooperazione tra di noi”. (Viviana Pansa – Inform)


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